Siamo in Francia agli inizi del XV secolo, alla corte di Jean de Valois, duca di Berry, figlio, fratello e zio dei re d’oltralpe, il più raffinato e colto mecenate francese. Amante dell’arte e del sapere della sua epoca, colleziona oggetti rari e preziosi e si circonda di mercanti d’arte, astrologhi, scienziati, orafi e pittori.
Il duca ha una passione per i manoscritti miniati e commissiona ai più celebri artisti del tempo, i fratelli Limbourg, quello che ancor oggi è definito il più bel calendario della storia, il libro d’ore “Les très Riches Heures du Duc de Berry” (1412-1416). Si tratta di un volume devozionale molto particolare, con un forte legame a riferimenti astrologici e corredato da illustrazioni di una bellezza fiabesca, nate dalla mano dei 3 miniaturisti fiamminghi in uno dei periodi più tormentati della storia francese. Le raffinate pagine del manoscritto contengono 130 immagini, considerate il vertice della miniatura europea a cavallo tra Gotico e Rinascimento. L’opera rimase interrotta a causa della morte dei Limbourg e del duca stesso e fu completata solo settant’anni più tardi.
Genere molto diffuso in quel periodo, il libro d’ore era la raccolta delle preghiere liturgiche quotidiane per i diversi periodi dell’anno e si componeva di due parti, salterio e calendario. Il calendario de “Les très riches heures” contiene l’ineguagliata serie dei mesi, definita da Umberto Eco “un documento cinematografico, una macchina visiva che ci racconta la vita di un’epoca. Nessun film potrà mai eguagliare la fedeltà, il fulgore, la toccante bellezza di questa ricostruzione”. Colori vibranti, inventiva e acuto spirito di osservazione rendono la suggestione di queste miniature immediata e coinvolgente: l’osservatore si sente attirato in un mondo che sembra incantato.
Ma c’è più della sola bellezza a dar anima a quell’incanto. Nelle scene dei mesi, la vita terrena pulsa in sincrono con quella del cosmo e la loro correlazione è enfatizzata dalla grande precisione dei dettagli astronomici riguardanti la lunghezza dei giorni, la traiettoria del sole in rapporto alle costellazioni dello zodiaco e le fasi lunari. Come spiega Pietro Citati, “il calendario, che apre il libro, lega l’attività dell’uomo (e i suoi temperamenti) a tutto ciò che accade nel cielo. Nulla e nessuno di noi può sfuggire allo Zodiaco. Come a indicarne il potere, il piano celeste si insinua nelle pitture della vita terrena”. Tutto lascia ipotizzare che, per la composizione di un libro così straordinario e accurato, il duca ricorse al consiglio di una cerchia di dotti, tra cui astrologi/astronomi (all’epoca si trattava di una sola figura professionale).
Ogni mese del calendario consta di due pagine a fronte. A destra troviamo l’elenco dei giorni coi nomi dei santi (scelti a seconda della devozione personale del committente), le festività liturgiche, colonne con la lunghezza dei giorni e il numero aureo (indica i 19 anni del ciclo metonico) delle fasi lunari. A sinistra primeggia la raffigurazione del mese. Questa è sovrastata da una lunetta blu, al cui centro è visibile il carro del sole, con semicerchi concentrici in cui spiccano le fasi lunari e i segni dello zodiaco, elementi tipici dei calendari agricoli. Il ritmo del tempo è scandito, anziché dai mesi, dai segni dello zodiaco (possiamo notare che ogni scena corrisponde al passaggio a un nuovo segno, che avviene tra il 20° e il 23° giorno, anziché il 1° del mese). Sotto questa volta celeste intessuta di misurazioni astronomiche, irrompe la narrazione visiva del mese: sullo sfondo di una natura incontaminata, di luminosi paesaggi e sontuosi palazzi, il tempo scorre davanti ai nostri occhi ed è il moto degli astri a regolare la vita umana e quella della natura, le stagioni, gli svaghi cortesi e i lavori contadini, il continuo mutare del paesaggio rurale. “Les très riches heures” è un libro d’ore particolare proprio per il suo complesso, o ricco, rapporto con il tempo. Esperienze diverse del tempo, sacro e profano, si affiancano l’una all’altra: il tempo degli svaghi e quello del lavoro, il tempo astronomico e quello stagionale, il tempo dei rituali di corte e quello della preghiera.
L’immagine posta al termine del calendario sottolinea ulteriormente, anche se in modo diverso, il legame del manoscritto con l’astrologia e la singolarità dell’opera. Si tratta infatti di una miniatura insolita nel contesto dei libri devozionali e dei calendari, connessa piuttosto con la tradizione della melothesia, la medicina astrologica. E’ la raffigurazione dell’Uomo anatomico o Uomo zodiacale, in cui il corpo umano, circondato dai segni zodiacali, evoca la connessione tra lo zodiaco e le varie parti del corpo. Agli angoli, alcune annotazioni collegano i segni zodiacali a qualità primarie, secondarie e temperamenti, secondo le concezioni mediche del tempo. Questa raffinata immagine ancora una volta pone l’enfasi sulla connessione dell’uomo, così come della natura natura, con il cosmo. Ciò che permea l’opera, scrive Citati, è “la luce dello zodiaco. Se lassù ruotano il sole, la luna, gli astri e le fantastiche costellazioni e il loro influsso giunge fino ai nostri corpi e ai nostri temperamenti, il compito di un miniaturista, pensavano i Limbourg, era di coglierne i riflessi nel minimo, nell’infinitesimo, in ciò che si sottrae allo sguardo”.
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